Ci vuole una certa capacità di riconsiderarsi, per entrare nel modni di Beit Dabar. A metà srada fra la sceneggiatura teatrale e la poesia di sfondo filosofico, l'opera va a scavare nella capacità di comprensione di ciascuno di noi. Milac è una prostituta. Chi va a trovarla per fare l'amore, risale la collina dal lato del mare, allungando il cammino di tra miglia. A Beit Dabar c'è un predicatore stilita che vive immobile sulla sua pietra, da anni. Bacir è un bambino che va a trovarlo spesso e che improvvisamente smette di farlo. Tutti lo cercano, ma non cercano soltano lui.
Leggendo le strane e seducenti parole di Sara Culzoni, possiamo immaginare un'aria calda, antica e polverosa da cui provengono verità inconcepibilmente familiari.