“DONNA DI LUNA, CUSTODE DEL VENTRE GIÀ DENSO DI STELLE, CUSTODE ALLE LUCCIOLE, AI RESPIRI DELLA NOTTE… ”.
Mi chiamavano “donnaluna”, forse solo questo può essere il mio nome; come l’acqua, sfugge da me il sapere, la veggenza, il ricordo, la fantasia; non è una donna – mi dicono – è una fonte, un fiume senza argini, senza foce. Raccolti in me, ho il buio e la luce e il suono che si espande e il silenzio. Sempre mi nasce il sogno e la veglia e vedo ogni cosa senza servirmi dello sguardo: è la visione che mi abita e mi guida e mi svegli e mi addormenta. Vedo la luna bianca e la luna nera, sono la luna; la mia luce non brilla, è quieta, né attiva, né passiva, ma sempre cangiante. La mia luce è inafferrabile, è inestinguibile, come l’anima, come la poesia, come la mistica. Io vedo lontano nello spazio e nel tempo: i deserti, le valli, le origini, il futuro. Sono la stella solitaria che illumina la nascita della notte e schiude al giorno; sono la soglia, apro alla bellezza, anche a quella invisibile; i miei capelli si distendono sulla riva del cielo: quando si sciolgono al sole, sono oro, poi si allungano sul tappeto della notte e sono d’argento; nessuno vede l’origine, sono racchiusa nella conchiglia e da me si ode la voce del mare e delle sirene che cantano la gioia delle creature e il pianto dei sepolti negli abissi.